Incisioni rupestri della Bessa
La Bessa è situata tra 400 e 300 m. di altitudine alla base delle pendici meridionali del Mombarone (Alpi Biellesi - Piemonte). Si estende dalla fraz. Bornasco del comune di Sala a Cerrione per una lunghezza di oltre 7 km. ed una larghezza massima di 1.4 con una superficie di 7.5 kmq, ed è delimitata a destra dai resti della morena Bornasco-Vermogno e a sinistra dal corso del torrente Elvo. Morfologicamente è suddivisa in due terrazzi (superiore - inferiore) orientati NO-SE separati da una scarpata di alcune decine di metri. Il terrazzo superiore è costituito da una sequenza di dossi, ricoperti da strati di ciottoli residuati dalla miniera romana del II sec. a.C., alternati a fasce boschive che occupano le depressioni, quello inferiore è caratterizzato da ampie ondulazioni, con bosco e radure, originate dai conoidi di discarica di sabbie e ghiaie successive al lavaggio del sedimento aurifero. Consistenti tracce di frequentazioni protostoriche sono testimoniate da cinquantacinque massi erratici con oltre seicento incisioni prevalentemente coppelliformi.
La presenza di massi erratici nella Bessa si deve allo smantellamento, ad opera dei torrenti Viona ed Elvo, di morene edificate dal ghiacciaio Balteo che durante la prima fase glaciale pleistocenica (circa 800000 anni fa) fluiva dalla Valle d'Aosta e si espandeva nell'angolo nord occidentale della Pianura Padana. L'erosione di questi due corsi d'acqua arrotondò in parte i massi ed i ciottoli che ora appaiono come imponenti cumuli di discarica della miniera romana. I massi isolati o in piccoli gruppi prodotti da blocchi di frana sulla superficie glaciale che fungeva da nastro trasportatore, sono sparsi lungo tutta la superficie del terrazzo superiore che doveva apparire, prima dello sconvolgimento minerario, come un movimentato altopiano ciottoloso inciso da vallette trasversali in approfondimento verso Est.
Il giacimento di oro alluvionale si formò per erosione e risedimentazione locale, da parte di corsi d’acqua (verosimilmente una paleo Viona), dei depositi che contenevano metallo esarato dai ghiacciai nei filoni della sinistra orografica della Valle d'Aosta (Ayas).
La presenza su molti massi di incisioni rupestri attesta una colonizzazione protostorica dell’area che, a partire dal V/IV sec. a.C., si ritiene fosse controllata dai Salassi. Questi reperti pongono il problema della effettiva data iniziale di sfruttamento del giacimento (sia pure su scala artigianale) considerando che la presenza dell’oro difficilmente può essere sfuggita agli artefici delle incisioni dato che doveva affiorare nei corsi d’acqua temporanei che attraversavano il Terrazzo e nei loro conoidi ed è probabile che l'elevata densità dei segni sia diretta conseguenza della presenza del metallo.
Carta distribuzione incisioni
Nonostante una distribuzione abbastanza uniforme dei massi sul Terrazzo superiore, la quasi totalità di quelli incisi incisi é concentrata tra le fraz. Filippi e Vermogno del comune di Zubiena e cioé su 1/3 della superficie. Questa anomalia é probabilmente spiegabile con il fatto che le colline moreniche delimitanti il lato destro della Bessa terminano proprio all'altezza di Vermogno e su queste alture soleggiate e sicure dovevano essere situati gli insediamenti, appare quindi logico che gli atti legati alle incisioni fossero compiuti nelle vicinanze degli abitati.
I massi sono generalmente posizionati su piccoli dossi su piani e comunque mai in versanti prevalentemente in ombra; inoltre la quasi totalità delle incisioni è su superfici orizzontali o inclinate verso il corso del sole e sono in questo caso in maggioranza concentrate nella metà superiore. Queste caratteristiche fanno supporre che un ampio soleggiamento fosse condizione preminente nella scelta, infine sembra fosse necessaria una particolare posizione dei massi sul terreno. Questa ipotetica caratteristica è suggerita dal fatto che ve ne sono con superfici regolari e ben esposte che sono privi di segni mentre, altri a rugosità accentuata ed a tessitura irregolare furono utilizzati. Le dimensioni non sembrano aver condizionato gli autori delle coppelle della Bessa dato che furono ritenuti idonei esemplari da 1 mc. ed altri da oltre cinquanta, inoltre massi piccoli portano decine di cavità, altri, maestosi solo poche unità. Una conferma a quanto detto ci viene da un masso (n.14) situato in prossimità del cimitero di Riviera (Zubiena) che, nonostante sia di ridotte dimensioni, è letteralmente ricoperto da oltre cento coppelle. Questo masso potrebbe essere stato scelto anche per la particolare tessitura della roccia, formata da sottili strati di quarzo e mica, che danno ai manufatti scavati perpendicolarmente alla stratificazione, un aspetto a cerchi concentrici digradanti di grande effetto visivo.
Masso n.14 (rilievo) Masso n.50 (rilievo)
Altri tipi di incisione sono presenti sui massi della Bessa : "vaschette ovali" e "pediformi" si trovano esclusivamente in zone periferiche a valle della fraz. Vermogno mentre, sparse su tutto il territorio, vi sono forme a "scudo" che potrebbero essere state ottenute a volte allargando artificialmente fratture preesistenti perpendicolari al piano di scistosità, altre percuotendo la roccia dove questa tendeva a sfaldarsi naturalmente secondo piani paralleli, caratteristica questa tipica del micascisto che costituisce la quasi totalità dei massi erratici della Bessa. Il risultato finale è un incavo a fondo piano profondo fino a 3 cm. con diametro massimo variabile da 20 ad oltre 60 cm. Se per alcune può esserci il dubbio di una origine naturale per altre è da escludere, data l'estrema regolarità e simmetria dell'ovale. Queste incisioni presentano tuttavia un'ampia variabilità di disegno e sono, a volte, collegate ad una coppella o appendice sul bordo superiore sinistro.
Masso n. 29 Masso n. 43 Masso n. 31
Per concludere l’analisi delle tipologie presenti nella Bessa si devono citare una forma a “coltello” con manico terminante a pomo, ottenuto mediante scavo di una coppella, collocabile cronologicamente nella seconda età del Ferro e una coppia di vaschette quadrate con canaletti per la quale sembra possibile ipotizzare una rappresentazione legata alla coltivazione del giacimento aurifero : bacini di accumulo e canali di smaltimento.
Masso n. 4 Masso n. 32
Nonostante le numerose suddivisioni contemplate dalla Scheda Internazionale d'Arte Rupestre, le rocce coppellate appaiono in grande maggioranza cosparse da gruppi, pił o meno numerosi di incisioni disposte apparentemente in modo casuale. Tuttavia nella Bessa si osservano, su due massi, sequenze che evocano composizioni intenzionali.
Il primo masso (n.5), situato a valle della fraz.Roletti (Zubiena) ospita sulla superficie superiore piana, oltre 90 coppelle, 60 delle quali sembrano organizzate in una struttura equilibrata in cui la continuità ed uniformità dei segni fa pensare ad una esecuzione unitaria volta a rappresentare un "oggetto" dotato di un manico (doppia fila di coppelle) all'apice del quale, sul lato sinistro si origina una forma a trapezio e sul destro una lunga appendice. Questo "oggetto" presenta forti rassomiglianze con le "asce a manico ricurvo o asce aratro" incise su alcuni megaliti francesi (Trou aux Anglais, Mane Kerioned, Mane er Hroeck). Ovviamente in assenza di contesto archeologico la parentela non è che un'ipotesi di lavoro, ma la presenza di un oggetto adatto ad "aprire" il terreno ed utilizzato a scopo rituale (arature di consacrazione) fin dal suo apparire nell'età del Rame ben si adatterebbe al luogo dato che l'estrazione dell'oro (metallo delle divinità) avveniva mediante scavo del sedimento.
Il secondo masso (n.41), situato a valle della fraz. Vermogno (Zubiena) porta ben cinque allineamenti composti da più di tre coppelle, in parte collegate da canaletti, paralleli tra loro. Anche in questo caso sembra esservi intenzionalità nella disposizione dei segni e si deve considerare, inoltre, che gli allineamenti collegati da canaletti, maggiori di tre coppelle, sono molto rari sia nella Bessa (7 in totale) che altrove.
Masso n.5 (rilievo) Masso n.41 (rilievo)
La classificazione tipologica in uso nell'arco alpino occidentale, suddivide in categorie le incisioni a forma di coppella a seconda che siano collegate o no da canaletti, che assumano forme geometriche o di allineamenti. Questa classificazione può in alcuni casi stabilire una approssimativa sequenza temporale, in quanto si ritiene (non da tutti) che siano apparse per prime incisioni di piccole dimensioni, poco profonde, a partire dall'età del Rame, con successivi incrementi di volume e comparsa dei collegamenti durante l'età del Bronzo e nella successiva età del Ferro.
Ben pochi dubbi sussistono comunque sul periodo di comparsa iniziale delle incisioni a coppella data la loro frequente associazione con megaliti o necropoli a cista dell' età del Rame, dalla Svezia meridionale fino al Caucaso ed alla valle del Giordano. Appare quindi impossibile attribuire datazioni di origine, posteriori a quest'epoca considerando che solo il megalitismo ebbe una diffusione geografica così ampia e capillare. Una datazione più tarda (Bronzo finale/prima età del Ferro), come da alcuni sostenuto, su un'area di tale estensione non è supportata da alcuna "cultura" e l'ipotesi di una casuale convergenza non appare attendibile.
Non è possibile al momento attuale, in assenza di contesto archeologico, datare le incisioni rupestri della Bessa poichè i lavori di coltivazione del giacimento hanno intaccato quasi totalmente lo strato superficiale del terreno; la maggior parte delle alture circostanti hanno subito una antropizzazione continua fino ai nostri giorni e non sono stati effettuati sondaggi alla base dei pochi massi che potrebbero aver conservato il sedimento originale. Tuttavia l'estensione tipologica (10 tipi della categoria 0) e la varietà morfologica (coppelle di diametro e profondità variabili ma sovente in gruppi omogenei) fanno pensare ad una ampia estensione del tempo di incisione. Sembra comunque da scartare la tesi, più volte formulata, che le coppelle della Bessa siano da attribuire cronologicamente al periodo di sfruttamento del placer da parte dei Romani dato che la loro ripartizione sul territorio riguarda 1,5 kmq. contro una superficie totale del terrazzo di 4,5 inoltre la zona di massima concentrazione di insediamenti relativi alle aurifodinae non coincide con quella delle incisioni.
Anche per le coppelle della Bessa è opinione diffusa che fossero contenitori di offerte in forma liquida, opinione basata in parte sulla presenza di canaletti. Ciò è teoricamente possibile per alcuni tipi larghi e profondi, collegati o no, ma tale caratteristica è molto dubbia per i manufatti le cui ridotte dimensioni rendono difficile ipotizzare un eventuale contenuto e sovente, anche a dimensioni consistenti, non corrisponde una adeguata capacità a contenere dato che molti sono scavati su superfici inclinate ( pur in presenza di zone piane sullo stesso masso). Per quanto riguarda i tipi collegati da canaletti vi sono anomalie che lasciano perplessi: alcuni collegamenti non permettono il passaggio di liquidi tra le coppelle, altre serie hanno una inclinazione talmente accentuata che versando acqua nell'incavo superiore questa attraversa i successivi e trabocca all'esterno, lasciando scarsi residui nei presunti contenitori. Per molte incisioni l'eventuale funzionalità appare quindi secondaria rispetto alla posizione sulla superficie del masso e si potrebbe tuttalpiù ipotizzare una irrorazione per aspersione.
Fossero o no contenitori, sembra fondamentale l'atto di scavare la pietra. Si può quindi supporre che la materia avesse un significato trascendente, non difficile da percepire, dato che la pietra è la parte più apparentemente immutabile della Terra Madre e l'incisione di una coppella può simbolizzare una unione con essa. Si aggiunga che le rocce incise sono esposte ai raggi del Sole Padre e periodicamente irrorate dalla pioggia fecondatrice ed avremo una possibile spiegazione della ragione per cui furono scavate, almeno una parte, delle innumerevoli coppelle che popolano non solo la Bessa ma estese aree dell'Europa occidentale e del Vicino Oriente. E' comunque verosimile che l'uso di "fare" coppelle abbia attraversato tre millenni di protostoria con mutamenti di indirizzo rituale dovuti alle diverse e successive popolazioni e culture che lo adottarono, (pur rimanendo immutata la sacralità del gesto) e che la religiosità così espressa divenisse, col tempo, una manifestazione secondaria e parallela che convisse con i culti dominanti o fu da questi incorporata. Il perdurare fin quasi ai nostri giorni, in una società conservatrice e poco permeabile come quella alpina, di superstizioni legate alla pietra rende probabile l'incisione e l'utilizzo a scopo rituale, almeno occasionale, di coppelle ben dentro all'era cristiana.
Roc d'la Sguia Roc Malegn
Un'eco di culti litici è ancora presente nella Bessa in due massi situati, forse non casualmente, alle due estremità della zona ad incisioni. Il n.6 detto "Roc d'la Sguia" (roccia dello scivolo) è un magnifico monolito carenato (quasi un gigantesco uovo) sul quale appaiono ancora le "strie" longitudinali dovute al trasporto nel ghiacciaio Balteo. Sul dorso arrotondato, oltre ad una serie di coppelle vi è la traccia levigata prodotta da innumerevoli "scivolate" di generazioni di donne in cerca di fertilità (ed in tempi recenti da giochi infantili). Questo singolare legame tra alcune pietre e la capacità di generare è noto in molte parti d'Europa ed è legato a culture protostoriche la cui influenza è giunta fino a noi. All'estremo opposto del benefico Roc d'la Sguia è situato il n.50 "Roc Malegn" (roccia maligna), enorme e spigoloso erratico spezzato in tre parti che, ancora oggi, alcuni vecchi abitanti della zona preferiscono non frequentare e neppure nominare. Il frammento dominante e meglio soleggiato è inciso da una consistente serie di coppelle in maggioranza collegate a due a due da un canaletto. La presenza insistente del tema della coppia fa sospettare che anche in questo caso la fertilità sia entrata, in tempi lontani, nella storia di questo masso, ciò spiegherebbe la pessima fama, dovuta forse ad un anatema di matrice cristiana o ad una ancor più antica interdizione a frequentare un luogo sacro.