Indice

Informazioni

Carta Archeologica

Immagini

Itinerari

Incisioni rupestri

Cenni storici

Miniera romana

Bibliografia

Geologia

Formazione del giacimento aurifero

Nel corso delle varie fasi glaciali del Quaternario, a partire dalla fine del Pleistocene inf., i ghiacciai alpini della Valle d'Aosta si sono espansi fino a raggiungere a più riprese l'angolo nord occidentale della pianura piemontese ove hanno edificato con il materiale detritico eroso un complesso sistema di argini e cerchie: l'anfiteatro morenico di Ivrea. Il territorio del quale la Bessa fa parte si estende dal punto in cui l'alta pianura biellese si raccorda alle due dorsali moreniche più esterne di questo sistema: la morena Donato - Mongrando che inizia sulle pendici meridionali della Colma di Mombarone e termina a Mongrando (ma in origine doveva prolungarsi verso SE ed avvolgere completamente la Bessa sul lato esterno ) e una seconda che si allunga in direzione NW - SE tra Bornasco e Vermogno, dove sembra subire un'interruzione per ricomparire in piccoli lembi a Cerrione. Questi depositi furono edificati nel corso della più antica fase glaciale documentabile in questo settore (800.000anni fa circa).

       

 

   

 

Terminata l'influenza diretta delle fasi glaciali che si susseguirono durante la parte alta del Pleistocene medio e nel Pleistocene sup., nel settore esterno dell'anfiteatro ebbe luogo la sovrimposizione del reticolo idrografico ed iniziò una generalizzata fase di erosione. Il torrente Viona smantellò parte dei depositi glaciali dell'unità di Bornasco che occupavano tutta l'area della Bessa lasciando come unico relitto la morena Bornasco - Vermogno. In questo contesto furono liberati dai detriti i massi erratici che ora costellano a centinaia dossi e avvallamenti e si formò il giacimento aurifero: infatti l'erosione e risedimentazione locale dei depositi risalenti alla prima fase glaciale produsse una concentrazione dell'oro già presente in forma dispersa. L'oro contenuto in tali depositi si presenta sotto forma di lamelle e di granuli: la forma a granulo è indice del basso tasso di trasporto che esso ha subito ad opera dei corsi d'acqua; infatti i granuli subiscono in acqua corrente continue percussioni tra i ciottoli e per la loro elevata malleabilità si assottigliano assumendo una forma lamellare, ne consegue che la maggior parte del percorso dai giacimenti primari della Val d'Ayas avvenne su superficie glaciale. L'evoluzione posteriore alla costituzione del placer riguarda il modellamento della nuova superficie del terrazzo con la formazione, ad opera dei corsi d'acqua, delle scarpate che lo delimitano su tre lati. La Bessa si presenta,quindi, attualmente come uno stretto terrazzo fluviale che si estende sul prolungamento della valle della Viona per oltre 7 km in direzione NW-SE, larga da poche centinaia di metri fino ad un massimo di 1,1 km e degradante da una quota massima di circa 400 m a NW alla quota di circa 300 m a SE. Delimitato a destra dalla morena Bornasco - Vermogno e da uno zoccolo poco rilevato verso la valle del torrente Olobbia aggetta invece a sinistra, con un'alta scarpata, sulla piana del T. Elvo.

La quasi totalità dei 4,5 kmq di superficie del terrazzo sup. è ricoperta da cumuli di ciottoli prodotti dal lavaggio della parte più grossolana dei depositi fluviali auriferi (all'interno dei quali sono ancora evidenti le tracce di insediamenti e dell'impianto di distribuzione delle acque) mentre la frazione più fine (ciottoli piccoli, ghiaie e sabbie) fu fatta transitare in canali artificiali e risedimentò ai loro sbocchi formando una sequenza di conoidi coalescenti anche questi compresi entro i confini della Riserva Naturale Speciale istituita nel 1985.

                                                                                          testo rielaborato da F. Gianotti 1996 - stereogrammi: F. Gianotti

  

Area della Bessa dopo le fasi glaciali                            Area della Bessa dopo la costituzione del "placer"

 

carta geologica della Bessa

  Terrazzo sup. delle aurifodinae [ puntinato]         Terrazzo inf. (conoidi antropici)

Morena Bornasco-Vermogno                               Morena Donato-Mongrando

Scarpata (depositi fluviali della Dora Baltea)          Depositi alluvionali recenti   

 

Oro

 Simbolo chimico AU, l’oro è noto fin dalla più remota antichità: si sono trovate tracce del suo utilizzo a partire dal V millennio a.C.

Esiste  in natura allo stato nativo ed è l’unico metallo di colore giallo. Dopo il Platino è il più pesante, con peso specifico: 19,3. Fonde a 1063° C. e si può saldare a sé stesso per semplice riscaldamento al disotto del punto di fusione. E’ il più duttile e malleabile tra i metalli: con la battitura si possono ottenere foglioline di spessore inferiore ad 1 millesimo di millimetro. In oreficeria lo si utilizza in lega con argento o rame perchè è poco resistente; la proporzione d’oro contenuta in queste leghe si esprime in carati con la convenzione che il titolo di 24 carati corrisponde all’oro puro ed è inalterabile all’aria e all’acqua: non si patina, quindi, se esposto agli agenti atmosferici.

L’oro attualmente estratto dalle sabbie del torrente Elvo si presenta sotto forma di lamelle di dimensione non eccedenti i 2 mm. Gli attrezzi più comuni utilizzati dai moderni cercatori sono: la “scaletta” e il “piatto” o “batea”. La “scaletta” è un asse lungo 80-90 cm., largo 40-50 cm. e dotato nel senso della lunghezza di un bordo alto 10. Il piano, liscio nella metà superiore, è provvisto in quella inferiore di scanalature orizzontali profonde 1,5-2 cm. Viene immersa nel corso d’acqua ed ancorata al fondo con inclinazione tale da essere percorsa da una debole corrente di 4-5 cm. di altezza che priva il sedimento aurifero, versato lentamente sulla superficie, della frazione più fine e leggera mentre la frazione pesante (magnetite, granati e oro) è trattenuta dalle scanalature. Il “piatto” (tradizionalmente in legno di pioppo, castagno, ontano) a fondo concavo e con diametro tra 30 e 50 cm., può essere usato in sostituzione della “scaletta”. In questo caso la separazione delle frazioni a diverso peso specifico avviene mediante movimenti di rotazione ed oscillazione durante l’immersione nella corrente. L’operazione mediante l’uso del “piatto” può anche costituire la fase finale del procedimento con la “scaletta”.

 



I ciottoli della Bessa

Sono in genere di dimensioni medio-grandi (oltre 15 cm. di diametro), ben arrotondati e freschi o poco alterati. La parte esposta è, nella maggioranza dei ciottoli superficiali, coperta da una patina grigiastra formata da colonie di licheni. I ciottoli sepolti o portati in superficie da poco, naturalmente ne sono privi. I cumuli rappresentano un patrimonio quasi completo delle rocce presenti nell’Arco Alpino Occidentale, dato che il ghiacciaio Balteo ha, durante il proprio incedere verso valle, ricevuto apporti di materiale da tutte le unità tettoniche attraversate. Troviamo perciò micascisti eclogitici (costituenti la maggior parte dei massi erratici), gneiss del Monte Rosa, bianche quarziti,  quarzi filoniani della valle d’Ayas (da cui proviene l’oro), gabbri nerastri e rocce vulcaniche di colore violaceo del Canavese, verdi serpentiniti e calcescisti giallastri della media Valle d’Aosta, graniti del Monte Bianco.

   

  

Indice

Informazioni

Immagini

Itinerari

Incisioni rupestri

Cenni storici

Miniera romana

Carta Archeologica

Bibliografia