Stele della Bessa

 

Durante la prospezione totale del terrazzo superiore della Bessa svoltasi tra il 1997 ed il 2003 è stata individuata (Febbraio 1997) in località Fontana del Buchin (Cerrione) una stele antropomorfa a forma sub cilindrica in serpentinoscisto, lunga 2,90 m. La parte apicale appare lavorata in forma di prisma, forse a simulare una testa, da cui scendono, curve, le spalle. La base della "testa" presenta una incisione a collare ma a causa della scistosità della roccia non è possibile stabilirne l'intenzionalità. Un incavo pettorale curvilineo, questo sicuramente artificiale, occupa la parte immediatamente sottostante per circa 40 cm. di altezza. La metà inferiore rastremata frontalmente termina con una punta tagliata diagonalmente con evidenti segni di lavorazione non portata a termine. La superficie dorsale, piana all'altezza delle spalle, prosegue verso il basso con convessità e concavità di difficilmente spiegabili con fenomeni erosivi naturali. La parte superiore appare quindi fortemente assottigliata rispetto al resto del monolito.

La stele al momento del ritrovamento giaceva al suolo, apparentemente sulla superficie ciottolosa delle aurifodinae e rivolta a Sud Est (in direzione dell'alba del solstizio invernale). Era posizionata al bordo superiore del terrazzo (versante Olobbia) in situazione dominante, nelle immediate vicinanze della più abbondante sorgente del Parco ed in zona non interessata dalla presenza di massi incisi.

  

 

                                                         La stele nel luogo di ritrovamento                                                       

             

                   

           Dettaglio della parte apicale                                        Dettaglio della parte distale

 

Il tipo di roccia costituente, ha nella Bessa caratteristiche di estrema rarità. I massi del Parco sono infatti "erratici" trasportati dai ghiacciai pleistocenici, successivamente erosi da corsi d'acqua nelle fasi di deglaciazione e, dato l'alto grado di scistosità e quindi di fragilità del serpentinoscisto, la presenza di elementi di grandi dimensioni costituisce un evento insolito. In prossimità della stele esiste un secondo masso con le stesse caratteristiche litologiche (viaggiano quasi sempre in gruppi essendo originati da frane sulla superficie glaciale) a conferma che la materia prima fu reperita in loco.

La rimozione del manufatto, trasportato nella sede del Parco a Cerrione per pulitura e consolidamento, ha permesso di constatare che si trovava ancora nell' "atelier" di lavorazione. Lo testimoniano la presenza di numerose schegge di grandi dimensioni (non attribuibili a distacco naturale) situate immediatamente al disotto del "dorso" (non visibili precedentemente a causa di un leggero strato di terra a copertura). Questi resti di lavorazione poggiano su una serie di lastre curve interconnesse, infossate per oltre 40 cm nello strato di ciottoli, a formare un "negativo" della stele.

 

        

Schegge sottostanti il manufatto                                                 Lastre di base



 L'esecuzione del manufatto non fu portata a termine e quindi non fu mai eretto (forse a causa della frantumazione della pietra all'altezza della spalla destra), ma la cura con cui fu abbandonato (lastre, schegge e stele sovrapposte ed allineate, e orientamento particolarmente significativo) suggeriscono la celebrazione di un rito. Non è al momento definibile una precisa datazione poichè, pur essendo la stele in superficie, le lastre erano affondate, come detto, nel sedimento della discarica mineraria, appoggiate ad un sottile strato di ciottoli che le manteneva distaccate dal terreno. Non é quindi chiara la collocazione stratigrafica, tuttavia i ciottoli disordinatamente addossati al manufatto fanno supporre che un rimaneggiamento del contesto sia avvenuto in epoca posteriore alla lavorazione del reperto. Risulta quindi problematica una sua attendibile definizione. In via indicativa si ipotizza una datazione nell'ambito della seconda età del Ferro (IV/II secolo a.C.) sulla base di confronti con altri manufatti analoghi rinvenuti nel vicino Canavese ed una interpretazione come cippo monumentale.



              

                                          Riproduzione dal vero  ( Maria Ciocchetti 1997 )                                

 

 

Altri  ritrovamenti


Da un cumulo di discarica delle aurifodinae, situato lungo la "strada delle pietre bianche", proviene un ciottolo di gneiss alto 31 cm. con una profonda incisione a collare sulla faccia anteriore (sulla posteriore si presenta come una leggera martellatura), eseguita presumibilmente con uno strumento litico. La parte apicale del ciottolo presenta inoltre smussature di origine artificiale, che interrompono la naturale curvatura causata dalla lunga permanenza in un corso d'acqua. In assenza di contesto non é possibile avanzare ipotesi sulla data di esecuzione dell'incisione, si può tuttavia constatare la forte rassomiglianza (per forma, dimensione, tipo di roccia utilizzata e tipo di incisione) con idoliformi ritovati in associazione con sepolture dell'età del Rame.



I conoidi antropici della Bessa, formati dal materiale fine di discarica della miniera, sono composti prevalentemente da sabbie e ghiaie residuate dal lavaggio del giacimento aurifero e molte cave di sfruttamento sono state attive fino a tempi recenti. All’interno del sedime ghiaioso di ricoprimento, proveniente dai suddetti conoidi, di una carrareccia situata in regione Briengo, al limite settentrionale del Parco, è stato rinvenuto (9/2009) un nucleo di ossidiana su ciottolo con cortice, di circa 4 cm. di lunghezza, sul quale vi sono evidenti tracce di  lavorazione finalizzata all’ottenimento di piccole lame.  Questo reperto di evidente importazione (la maggior parte dell'ossidiana ritrovata nel nord Italia proviene dalla Sardegna o dalle isole Eolie) evidenzia una frequentazione della Bessa in epoca collocabile tra il  Neolitico e l’Età del Rame.



A conferma della continuità di insediamenti nell'area della Bessa è stata rinvenuta (4/2010), nelle ghiaie dei conoidi situati in comune di Mongrando, una fusaiola di 5 cm. di diametro per la cui datazione si è potuto trovare un  riscontro probante in un reperto proveniente dall’insediamento di Roc del Col in Val Chisone (TO) ritrovato in un contesto Bronzo Medio con forti  richiami, negli elementi ceramici, all’insediamento palafitticolo di Viverone (Fozzati, Bertone - La civiltà di Viverone – 2004).  Entrambi i reperti presentano segni di usura su una faccia, probabilmente causati dal contatto accidentale con il terreno durante la rotazione.



Roc del Col                        Bessa  - recto                       Bessa - verso

 Incisioni rupestri 

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