Mongioie - Ricerca archeologica nelle Alpi biellesi

Dalla valle del torrente Viona alla valle del torrente Oropa

(A. Vaudagna - DocBi Centro Studi Biellesi - S.Va.P.A.)

 

Diffusi nelle valli alpine occidentali, sono di morfologia molto variabile: prismi ed obelischi, cilindri e tronchi di cono, sempre costruiti su basamenti di massi o lastre piane. La fattura in pietre in parte squadrate, sovente molto accurata, denota rigore compositivo e ricerca estetica.

Il loro nome evoca significati positivi legati al "sacro", insito nella maestosità dei luoghi in cui furono eretti: creste affilate, speroni di rocce strapiombanti, colli, dossi e conche soleggiate. Queste strutture sono, oggi, "segni nel paesaggio" dato che la varietà di posizionamenti non permette di inserirle tra i termini di delimitazione di confini attuali, raramente furono erette in prossimità di alpeggi o ruderi antichi e non possono quindi essere prese come punti di reperimento dei medesimi, infine la contiguità con vie di comunicazione é sporadica, probabilmente casuale.

Ne sono state censite fino ad ora una quindicina, alcune in perfetto stato di conservazione, altre rifatte, o restaurate, ma il loro numero doveva essere in origine molto superiore a giudicare dai resti ancora individuabili sul terreno.

Sono presenti a partire da 1300 m. fino ad oltre 2000, nella zona quindi dei pascoli medi e alti, dalla costa che da Pian Bres nella valle del torrente Viona sale al Bric Paglie (Mombarone), fino alle pendici che sovrastano il Santuario di Oropa. Appaiono quindi connesse al popolamento delle montagne del Biellese occidentale lungo percorsi provenienti dal Canavese e dalla pianura tra Elvo e Cervo.

Iniziando da Ovest e procedendo verso Est e cioè dalla valle del torrente Viona a quella dell’Oropa si descrivono brevemente le strutture più significative ed in miglior stato di conservazione.

A 1600 m. di altitudine sulla sella che incide il costone che da Pian Bres sale al Bric Paglie è situato un imponente mongioia (fortemente restaurato)(fig.37). Domina con 2,70 metri di altezza ed una base quadrata di 1,20 metri di lato la valle della Viona, le colline moreniche della Serra e la lontana pianura nella quale scorre la Dora Baltea. Più ad Est, sul secondo sperone che delimita a destra il versante meridionale del Bric, ne fu eretto uno a forma piramidale (fig 38) alto 2,20 metri utilizzando come base naturale alcuni massi della cresta che aggetta con un salto verticale di alcune decine di metri su affioramenti di micascisto che portano decine di segni coppelliformi di probabile origine naturale, in direzione del Piano della Morte e della cascina Alpone, risalente almeno ad epoca medioevale.

               

           Fig. 37                                                                          Fig. 38

Una significativa rarefazione di reperti si riscontra nel successivo vallone del torrente Janca e alla testata della valle dell’Elvo e fu probabilmente causata dalle difficoltà di accesso ai pascoli alti attraverso i ripidi pendii inferiori del Truc dal Buscajon e dal corso incassato del torrente. Tuttavia qui su uno sperone a valle della cascina Raiazze, a 1460 m. di quota, si trova il "dinosauro" dei mongioie. Aggetta sull'alta valle dell'Elvo difronte alle precipiti pareti del M.Mucrone a forma di tronco di piramide con base di 2 m. di lato e altezza di circa 2,4 m., dotato di predella anteriore e lastre incastrate a elica sulle facce (fig.39).



fig. 39

Giunti sulle pendici della Muanda i mongioie si infittiscono. Ampi e ricchi pascoli, agevolmente accessibili, dalla pianura fasciano con un gigantesco cono il versante meridionale del Monte Mucrone fino a 2000 metri di altitudine.

Su un ripiano della ripida costa dominante a destra il profondo vallone del rio Canale, a 1300 metri di quota, furono eretti, a pochi metri uno dall’altro, due mongioie, quello a valle a base quadrata, alto 2 metri e quello a monte alto 1,70 metri a base subcircolare (fig. 40), più in alto in un’ampia conca sotto alle cascine Settefontane, ancora un mongioia a base circolare con lastre sporgenti dal corpo della muratura a formare una precaria scala elicoidale (fig. 41).

    

Fig. 40                                                                            Fig. 41

Ad Est del Rio dei Cani che separa Settefontane dalla cascina Muanda troviamo il reperto di maggior interesse, la cui complessità fa supporre "complicazioni" rituali nella funzione della struttura (fig. 42). Il mongioia è infatti sostenuto da un tumulo di pietre accatastate di forma rettangolare alto 1,40 metri con il lato maggiore di 9 ed il minore di 5. Il bordo superiore appare rialzato a formare un recinto con il fondo reso piano da sassi disposti a lastricato. Il mongioia alto 1,70 metri (l’altezza totale è quindi di 3,10 metri) si innalza sul lato maggiore orientale del recinto ed è fiancheggiato da una apertura con resti di gradini. Il calpestio delle mandrie ha in parte compromesso l’integrità del manufatto che tuttavia è ancora ben leggibile.

Fig. 42

Avvicinandosi progressivamente alla Costa della Muanda che funge da spartiacque tra i bacini dell’Elvo e dell’Oropa si raggiunge l’alpe Chiavari nei pressi della quale si trovano altri due interessanti mongioie. Il primo su di una affilata cresta rocciosa che emerge dai pascoli come un dorso di sauro è sicuramente l’esemplare di miglior fattura e meglio situato dell’intero Biellese: un obelisco leggero, alto 2,20 metri con una base di soli 80 centimetri di lato, inserito in un imponente anfiteatro di montagne su cui incombe il duomo roccioso del Mucrone (fig. 43). Il secondo, all’alpe Chiavari inferiore., è invece di dimensioni molto contenute 80 centimetri di base per 1,20 metri di altezza, ma acquista dignità estetica perchè eretto su un grande blocco cubico di micascisto (fig. 44). Interessante è anche la presenza, su due massi immediatamente adiacenti, di incisioni rupestri (una coppia di coppelle di ottima fattura ed una vaschetta rettangolare collegata ad una coppella mediante un canaletto).

    

Fig. 43                                                                          Fig. 44

A valle della cascina Alpetto si trova una grande struttura a forma di tamburo con una doppia nicchia sporgente dalla muratura (fig. 45 e 46). Altri mongioie, alcuni dei quali ridotti a rudere, sono ancora visibili sulla Costa della Muanda, a valle della Cascina del Trucco (al limite del bosco che scende a precipizio su Oropa) e nei pressi dell’Alpe del Camino ad oltre 2000 metri di quota.

   

fig. 45                                                                            fig. 46

Più a Est oltre la cerchia di montagne che delimita la conca del Santuario inizia la Vallecervo che, alla luce delle ultime prospezioni, sembra aver una presenza di mongioie limitata alla cresta spartiacque con la valle del Lys, ma risulta priva di questo singolare tipo di struttura all’interno delle valli.

Sulla base dei rinvenimenti di questa fase di ricerca, si può quindi ipotizzare che la prima frequentazione delle montagne del Biellese occidentale dovrebbe risalire cronologicamente, malgrado la collocazione periferica del territorio, all’inizio dell’età dei Metalli (cista del Mombarone e stele della Serra). Il popolamento sicuramente proseguì nell’età del Ferro (incisione a coltello della Trappa e reperti metallici coevi di Oropa) e si intensificò in epoca medioevale (resti di murature a secco dell’Alpone e delle pendici del Monte Mucrone).

La disposizione topografica lungo le dorsali che risalgono le montagne indicano una provenienza dalle pianure del Biellese e del Canavese, mentre le nuove prospezioni attualmente in atto nella valle del Cervo, situata più a oriente ed inserita profondamente nel tessuto alpino, sembrano invece evidenziare una diversa colonizzazione, probabilmente a partire dalla Seconda Età del Ferro, attraverso i passi di montagna che mettono in comunicazione con le valli del Lys e della Sesia.

                                      

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