Leggende dell'oro
Tra le numerose leggende e tradizioni popolari biellesi alcune, che significativamente hanno origine nei territori occidentali in prossimità del fiume Elvo ai margini della Bessa, hanno come filo conduttore l'oro.
La più interessante detta dei "pe' d'oca" (piedi d’oca) narra di stranieri alti, biondi e con occhi azzurri che giunsero nel territorio dell'attuale comune di Muzzano accolti benevolmente dalla popolazione perché promisero di insegnare l'arte di trovare ed estrarre l'oro dalle montagne e dai fiumi. Un'altra causa della generosa ospitalità offerta (da parte della componente maschile) fu la bellezza e la "formosità" delle loro donne. Mogli ed aspiranti tali, dei muzzanesi, si opposero senza successo a questa sgradevole situazione che le poneva in evidente inferiorità, fino a quando una sera durante un ballo dinanzi al fuoco, una giovinetta si accorse che sotto alle vesti lunghe fino a terra delle straniere spuntavano dei piedi d'oca. L'ilarità generale e lo scherno a cui furono sottoposte le donne, offese i "cercatori d'oro". Difesi da una Fata e da un grosso serpente, che impedirono ai muzzanesi di riportarli indietro con la forza, se ne partirono senza aver rivelato il loro segreto.
Una leggenda simile proviene dal territorio di Mongrando. Qui gli stranieri sono sostituiti da bellissime Fate che al pari di questi promisero alla gente di insegnare il modo di trovare l'oro. Anche queste malcapitate se ne andarono dal paese senza trasmettere la straordinaria facoltà di cui erano dotate a causa della derisione delle donne locali che scoprirono una imperfezione alle loro estremità inferiori. Sotto diversa forma le due leggende hanno evidentemente una origine comune dato che riferiscono di esseri o genti di etnia e cultura diversa dai locali, con capacità specifiche nel campo della ricerca dell'oro e piedi (probabilmente calzature) di tipo sconosciuto. La presenza dell’oro nell’Elvo e nella Bessa era certamente nota almeno dal II sec. a.C. é possibile quindi pensare ad una genesi più antica per questi racconti.
Anche la Bessa ha naturalmente la propria leggenda legata all'oro. Si narra infatti che i Vittimuli (Ictimuli/Salassi) abbiano nascosto, all'arrivo dei romani, una consistente parte dell'oro in loro possesso, nel punto più alto della Bessa, dopo averlo fuso in forma di cavallo. Si tratta in questo caso di una probabile eco di culto solare, lo dimostrerebbe anche una successiva cristianizzazione della leggenda che sostituì l'animale sacro ad Helios, con una statua della Madonna.
Anche gli gnomi compaiono nel folklore della Bessa. Si narra infatti che da una fontana situata nei pressi della fraz. Riviera-S. Cassiano escano a volte piccoli uomini benefici per fare il bucato. S.Cassiano, l’antica Blatino, la cui origine si vuole risalga ad epoca romana (una stele risalente ad età imperiale fu rinvenuta nel 1951), è una delle più antiche pievi del biellese ed è citata in un diploma di Federico II del 1151. Fu “depraedata et cremata per multos armatos de Bugella” nel 1341-1343 e non riprese vita fino alla metà del ‘600. A valle di S. Cassiano vi é il masso con il maggior numero di incisioni a coppella della Bessa (n. 14).
La Via Francigena
In cerca di salvezza eterna, di conforto spirituale o, a volte, semplicemente in fuga da una esistenza ai limiti della sopportabilità migliaia di pellegrini percorrevano nell’XI secolo l’Europa, in direzione di Roma e della tomba di Pietro. Uno degli itinerari più frequentati fu la via Francigena (in realtà una serie di strade) che attraversava le Alpi provenendo appunto dalla Francia. Attraversati i passi della Valle d’Aosta un ramo scendeva ad Ivrea e qui si suddivideva: uno proseguiva verso Viverone, un altro attraversava la Serra per raggiungere la famosa abbazia di S.Salvatore della Bessa (oggi in gran parte perduta) e ….. le sabbie aurifere dell’Elvo. I pellegrini-cercatori sostarono certamente anche nel borgo di Magnano ( il nome deriva dalla professione dei suoi abitanti che erano calderai) che, fino al XIV secolo, era raggruppato intorno a S.Secondo, una delle chiese romaniche più significative del Biellese, eretta inizialmente ad una sola navata poi ampliata con la costruzione di altre due e dell’imponente campanile, nel corso dell’XI secolo. Con il trasferimento del villaggio su una altura, attorno ad un Ricetto, la chiesa conobbe un periodo di decadenza e rimaneggiamenti stilistici e fu restituita alle forme primitive nel 1968/70.